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Ultimo treno a Parigi
Partire verso la libertà, con l'irrequietezza chatwiniana del nomade. E incontrare quello che non ti aspetti. Artisti di strada, uomini dal fisico poderoso, dalla tenerezza e dalla violenza ambigua, una ragazza affascinante, figura angelica costretta a confrontarsi con l'inferno, in un angolo e in uno sguardo che mai si sarebbero creduti orrendi. Il pregevole racconto di Massimo Simeone non concede chilometri all'utopia, descrive, attraverso la dialettica arte (fotografia e musica)/pubblicità (consumismo e mercificazione del corpo) personaggi memorabili, chiaroscurali, infantili fino alla violenza, estremamente maturi fino alla soglia dell'altare di Dio senza volto, di carne. Al centro la figura di Verlaine, il fotografo di origini italiane, calamita di una folta schiera di uomini in cerca di annientare le sbarre del quotidiano per trovare le chiavi di una esistenza concreta attraverso la libera arte. Se non restiamo a lungo, se la nostra vita dura il tempo di una mosca o di una zucca, allora "dobbiamo cercare altrove una città/duratura, il posto in un altro paese / dove fissare la nostra dimora" (Jeremy Taylor).